OMELIA DI MONS. CESARE NOSIGLIA ARCIVESCOVO DI TORINO SULLA SINDONE. 11 aprile 2020

La Sindone è l’icona del sabato Santo, di quel giorno di assoluto silenzio in cui la Chiesa veglia accanto al sepolcro del suo Signore in attesa dell’evento stupendo e atteso della sua risurrezione che inonda di luce la notte santissima della Pasqua.. Anche noi oggi contempliamo il volto e le piaghe del Signore morto ma con la speranza nel cuore che avremo presto, questa sera stessa nella veglia, l’annuncio della sua vittoria sulla morte.

In questi tempi travagliati e complessi molti anche credenti non hanno più occhi per vedere e riconoscere accanto a sé il Signore, fonte prima di speranza e di forza per affrontare serenamente e con coraggio la situazione di epidemia che semina morte e tante preoccupazioni nelle persone riscontrate positive al coronavirus. La Sindone ci aiuta ad andare oltre il proprio travagliato vissuto e a scoprire che c’è in essa un messaggio di morte e di vita strettamente congiunte nella vicenda storica di Cristo e della sua passione: e questo apre il cuore, la mente e la parte piu’ intima e profonda di ciascuno alla fede e alla speranza.

Fissando il sacro Telo con intensa meraviglia ci si accosta alla prova dell’Amore più grande rivelato da questa immagine tanto unica da differenziarsi da mille altre, prodotte da mano d’uomo secondo canoni noti della tradizione della pietà e dell’arte. Accanto alla venerazione che accompagna la nostra contemplazione e preghiera una particolare intensità si riversa su questo commovente “specchio del vangelo”, come l’ha chiamata San Giovanni Paolo. Rispecchio perché riflette alla perfezione quanto il Vangelo ci rivela della passione e morte di Gesù. Specchio però perché riflette anche noi stessi chiamati ad accogliere nella Sindone la nostra piu’ piena umanità che si apre all’incontro dell’amore che il Figlio di Dio ha avuto e ha per ciascuno di noi e per tutta l’umanità. Sì, il fiume di pellegrini che nei secoli è passato davanti alla Sindone è fatto di persone che sono come gocce di una umanità bisognosa di Dio, del suo affetto misericordioso, della sua comprensione amorosa e solidale, e che vuole sentirsi, amata da un gesto di predilezione, accolta da un gesto affettuoso, che rincuora e unisce.

Allora insieme a Papa Francesco possiamo ben dire che il nostro non è un semplice osservare la Sindone, ma è un lasciarsi guardare da essa. Quel volto ha gli occhi chiusi, è il volto di un defunto, eppure misteriosamente ci guarda e nel silenzio ci parla per farci comprendere quale grande sofferenza ha dovuto patire a causa dei nostri peccati e per liberarci dal peccato e dalla morte. Come è possibile? Come mai il popolo fedele vuole fermarsi davanti a questa Icona di un Uomo flagellato e crocifisso? Perché la Sindone ci invita a contemplare Gesù di Nazareth. Morto e Risorto. La sua immagine impressa nel telo parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a portare insieme con Lui il legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore e lasciarci raggiungere da questo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore.

Attraverso la Sindone ci giunge la Parola unica e definitiva di Dio: l’Amore fatto uomo, incarnato nella nostra storia; l’Amore misericordioso di Dio che ha preso su di sé tutto il male del mondo per liberarci dal suo dominio. Questo volto  sfigurato ci ha ricordato il Papa assomiglia però anche a tanti volti di fratelli e sorelle malati specialmente quelli piu’ soli e meno curati, ma anche le vittime delle guerre e delle violenze, della schiavitù e delle persecuzioni “. Eppure quel Volto della Sindone comunica una grande pace; questo Corpo torturato esprime una sovrana maestà. È come se lasciasse trasparire un’energia contenuta, ma potente, è come se ci dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza; la forza dell’amore di Dio, la potenza del Risorto vince ogni avversità e persino la morte…

Sì la Sindone ci invita ad accogliere questo annuncio: piu’ forte è l’Amore e ad esserne testimoni ogni giorno mediante i segni di quella carità che suscita speranza nel cuore dei poveri e di chiunque l’accoglie con fede.