COMMENTO DEI PADRI
al Vangelo della Deposizione

 
Gli scritti dei padri accompagnano oggi la meditazione del pellegrino sul racconto della deposizione di Cristo nel sepolcro, racconto evocato dalla Sindone. Il loro commento ci guida a vedere la scena, a scoprirne il valore spirituale, a interiorizzarne il senso. Gli autori di questi brani sono diversi per provenienza e periodo storico, ma accomunati da un amore profondo per la Parola di Dio; Parola che risuona nella contemplazione della Sindone, icona di Gesù Cristo.
Nella meditazione lo sguardo cade su alcune cose e si incontrano persone; i padri ci aiutano a scoprire il valore simbolico di ogni elemento che scaturisce dalla Parola.
 
Il telo, simbolo della purezza , è considerato non solo candida veste per il Signore Gesù, ma anche per tutta la Chiesa. E’ paragonato alla tovaglia posta sull’altare del banchetto eucaristico; nonché alla tovaglia che Pietro vede calare dal cielo (At 10,11) portando ogni genere di animale, simbolo della chiesa che accoglie anche uomini pagani. Il lenzuolo semplice ed essenziale richiama l’umiltà del cuore puro che accoglie Cristo; contro ogni sfarzo e ostentazione di ricchezza.
 
I padri si avvicinano a Giuseppe, scrutando le sue azioni; egli è considerato il discepolo fedele, pienamente consapevole dell’umanità di Cristo, per il quale organizza la sepoltura, e non ancora giunto, forse, alla fede nella resurrezione. Giuseppe che vigila il sepolcro richiama, al momento della morte di Gesù, l’altro Giuseppe, che lo accolse al suo nascere, vegliandolo nella grotta di Betlemme. Anche il suo cuore svela carità: Giuseppe, in qualche modo, vestendo il corpo nudo di Cristo, si è fatto prossimo.
 
I Padri si sforzano di immaginare questo sepolcro, di visitarlo, di entrarvi dentro; addirittura di parlarvi come fosse un essere vivente; anche quando si tratta del sepolcro della Madre di Dio. Non mancano le domande su dove il sepolcro fosse situato, da chi e come fosse stato costruito, per poi trasferirlo presto sul piano spirituale, considerandolo un giardino. La grotta di Betlemme è misteriosa anticipazione della pietra del sepolcro: le immagini si scoprono legate una all’altra, a racchiudere un unico messaggio d’amore e di salvezza. La roccia tagliata è simbolo della durezza del mondo pagano in cui Cristo è chiamato a restare; un sepolcro che non ha confini perché quell’uomo racchiuso nella tomba è già nell’alto del cielo; nuovo perché mai un uomo vi era stato deposto prima, sigillando così la novità assoluta della morte di Cristo, morte presto destinata a sottrarsi per lasciare che si faccia presente il Risorto.
 
Queste pagine emanano i profumi del sepolcro: mirra e aloe. “Unguento mistico” dice Ambrogio, in cui la Chiesa riunisce in un unico soave odore la diversità delle genti.
 
Nella scena emerge anche Maria, partecipe nel dolore. Non solo è notata dai Padri, ma gli stessi elementi della scena tornano al momento della sua sepoltura. E’ lei che sollecita la sepoltura del figlio Gesù, lei invita Giuseppe d’Arimatea a trovare degna sistemazione per il corpo.